"A Campodalbero finisce il mondo" scriveva Rino Mecenero, il narratore dell'alta Valchiampo. E di strade, che da lì vadano da qualche altra parte, in effetti, non ce ne sono. Eppure, la frazione di Crespadoro, isolata e incastonata tra i monti, ha tutto in sé, dominando la vallata dall'alto, in un soffio di case dove si chiude la corona di monti che spazia da Marana fino alle lobbie della Lessinia veronese. Un ventaglio di cime, faggi, pascoli. Di poesia.
Il rifugio
Appena sotto le guglie della Scagina, dalle rocce aguzze che incombono severe e fragili al contempo, dove comincia a scorrere il primo sussurro del torrente Chiampo che poi si farà via via robusto, c'è un rifugio adornato dal bosco. È intitolato a Bepi Bertagnoli, l'universitario di Arzignano, già partigiano, travolto da una slavina nell'aprile 1951. C'era tanta neve quell'anno e il suo corpo venne trovato soltanto un mese dopo, con i primi fiori intorno. Questo fatto avrebbe fatto nascere dal maestro Bepi De Marzi, il "Signore delle cime", canto andato poi per il mondo. Il rifugio fu inaugurato nel 1956, sul posto di una precedente struttura, con l'onorevole Rumor che aveva posato la prima pietra. Iniziava lì una storia di amore per la montagna, di escursioni, di aneddoti, di giornate in compagnia. Di bellezza.
L'emozione della natura
Basta dire Bertagnoli, la Piatta, e tutto si riporta subito alla mente: l'acqua d'una valletta che si dilegua tra i sassi, il giallo acceso d'una primula, l'aquilegia viola e l'azzurro di genziana, lo sguardo imperioso di un camoscio su una croda impervia. Viene in mente lo stormire del vento tra rami svettanti, un picchio che tambureggia un albero, il gracchiare di corvi, la canzone d'un fringuello montano, le rocce imporporate di tramonto, il fruscio delle foglie di faggio calpestate nell'andar per bosco. E, con l'incedere della notte, il verso melodioso dell'usignolo o quello sinistro d'una civetta. Torna la storia, quella strada sassosa scavata dai militari del genio nel 1917, fino alle malghe e a Montefalcone, in vetta. Sovviene il rumore di scarponi sui sassi o sulla neve, la fatica, la voce amica di una persona da salutare. E la vita del rifugio, che fila via pacifica, con la gente cordiale, il ristoro da apprezzare, un fuoco di camino. Quanta storia! Le giornate del Cai, i canti dei Crodaioli. Due passi in là c'è la chiesetta, con una Madonnina che rincuora, e ci sono le foto di tanti, sottratti alla vita, affidati dalla preghiera all'eterno della montagna. Ecco l'essenza del "Bertagnoli", scrigno di bellezza nell'alta Valchiampo. Oggi gestito da Alessandro Giambellini con la moglie Franca, la loro felice figlia che ha il privilegio di crescere nell'abbraccio della natura. Un infaticabile staff accoglie e sorride, con la concordia della montagna.
Il cammino
L'escursione parte dal centro di Campodalbero, lasciando l'auto nel parcheggio vicino alla chiesa. Da qui, lasciando sulla sinistra la contrada Bauci, si prosegue per mezzo chilometro sulla strada che porta alle contrade Lovati di Sotto e Lovati di Sopra, dove si imbocca una mulattiera, a sinistra dell'albergo Baita del Veronese, e attraverso i prati in direzione nord si entra nel bosco di faggi. Proseguendo fino a quota mille, sulla sinistra c'è il collegamento al sentiero 208, sempre per il rifugio "Bertagnoli". Tenendo il sentiero 201 che si inerpica nella faggeta, dopo circa mezz'ora, si giunge a quota 1.182 metri, dove il cammino attraversa la strada asfaltata d'accesso al rifugio. Si può salire nel bosco fino alla strada militare che conduce a Bocchetta Gabellele. L'ultimo tratto giunge al piazzale del rifugio Bepi Bertagnoli, in circa un'ora di cammino, a quota 1.280. Il percorso di due chilometri di salita (considerando solo l'andata), ha un dislivello di circa 300 metri.
Il rientro
Il ritorno può essere lungo la strada asfaltata. Un'alternativa, più lunga, è quella con partenza da contrada Molino, più a valle a 650 metri, prendendo il segnavia 208. Da qui, costeggiando il torrente, si sale fino al rifugio in poco meno di due ore, incrociando il sentiero 206 che sale alla Lobbia. [Il Giornale di Vicenza Domenica 16 febbraio 2025 - Matteo Pieropan]