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16/10/20

Comunità dei Cimbri

Comunità dei Cimbri





Viaggio in un antico popolo del nostro territorio: i Cimbri
Qualche settimana fa ho fatto un giro ad anello tra le contrade comprese tra Bolca e San Bortolo e che si protendono verso Durlo. Il tempo era incerto ma ho voluto, ciò nonostante, tentare la fortuna. Ovviamente il giro è stato abbastanza bizzarro. Ho la cattiva abitudine infatti di "divagare" per tracce di sentiero anche quando non sono proprio esperto del territorio con la presuntuosa pretesa che " secondo mi se ghe riva anca da lì...". A volte ci prendo, altre giro a vuoto come un'anima in pena. La cosa migliore è sempre quella di chiedere indicazioni ai contradaioli appena se ne ha la possibilità. Se non altro perché alcune volte si ottengono informazioni interessanti sul territorio o si crea una certa empatia sempre auspicabile quando si bighellona da foresto come il sottoscritto. Stavo scendendo ai Cracchi dal sentiero proveniente dal Finco. Giunto in prossimità della strada asfaltata poco sopra alla contrada, mi metto ad osservare una vecchia colonnetta ormai soffocata dalle rampicanti. Visto quel degrado mi son messo a toglierle a mani nude per riportarla in qualche modo alla luce, mi sembrava quasi un sacrilegio lasciarla in quelle condizioni. Nel frattempo alle mie spalle sono giunti una coppia di cacciatori con i loro cani. Mi hanno osservato per qualche secondo incuriositi dal foresto che "combatteva contro i mulini a vento". Poi sono tornati a parlare della battuta non proprio fortunata di quella mattinata. Nel frattempo sopraggiungeva a portare il suo contributo alla conversazione un anziano a bordo di una scassatissima vespa. Uno dei due cacciatori se ne è uscito scherzando al suo indirizzo "Me par che el mezzo El sia piase fiacco dell'omo". La conversazione si riporta ancora su di me e sulla mia curiosità circa i manufatti del territorio. Facciamo un breve tratto insieme, mi danno utili indicazioni circa scorciatoie da fare in mezzo al bosco per guadagnare tempo una volta sulla via del ritorno. Saluto la compagnia e riprendo la mia sconclusionata via, scendo alla Rama, passo per la Sitara, scendo ancora a valle, tra scorcii e ruscelli di rara bellezza, tra ruderi di mulini e un bosco quasi selvaggio. Alla fine risalgo l'altro versante della valle passando da Menaspa'. Anche in questo caso invece di seguire il buon senso opto per l'avventura e mi azzardo a risalire la ostica valle seguendo una traccia di sentiero con la idea campata in aria di sbucare tra Belvedere e Ferro. La risalita si fa sempre più difficoltosa, fin che la traccia scompare e mi risulta palese che non sarei riuscito a risalire oltre. "Ci non ga testa ga gambe" i disea na olta. Mi fermo a riprendere fiato, osservo la sengia della montagna che in un anfratto disegna una figura che assomiglia ad un grande occhio. La montagna è lì che mi osserva, mi soppesa. Ritorno sui mie passi, attento a non scivolare, per andare a riprendere il sentiero corretto. Sento rimbombare un temporale che si sta avvicinando, la mia fortuna è agli sgoccioli.